La felicità dei giochi non tenerla tutta per te

Vi avevo avvisato! Il pomeriggio di sabato 19 settembre del PerSo era da non perdere. Due proiezioni sul tema dell’emigrazione (argomento che mi sta particolarmente a cuore, se posso dirlo). Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo del 1971 in versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale e raccontato da Montaldo in persona e Lettere dal Sahara di Vittorio De Seta del 2004. Sì, i flussi migratori delle persone mi interessano sin da quando, adolescente, incontrai Haashim un ragazzo tunisino che qualcuno chiamava affettuosamente Sciscicchio (ma questa è un’altra storia). Tali fenomeni hanno dinamiche costanti, da un lato l’urgenza di allontanarsi dalla terra in cui si è nati a causa di guerre, povertà, dolori o minacce e dall’altro l’approccio di chi vive nei luoghi scelti come meta. E quando l’approccio è ostile, fatto di pregiudizi e gelosie, allora si alzano muri invece che ponti. Proprio il concetto di gelosia mi spinge a trascrivere le parole che Nicola Sacco, interpretato da Riccardo Cucciolla nel film Sacco e Vanzetti, indirizza al figlio in quegli ultimi, strazianti momenti di esistenza, che anticipano la condanna a morte sulla sedia elettrica.

Mio caro figlio, ho sognato di voi giorno e notte. Non sapevo più se la mia era vita o morte. Volevo tornare a riabbracciarvi, te e la tua mamma. Perdonami bambino mio per questa morte ingiusta che ti toglie il padre quando sei ancora in così tenera età. Possono bruciare i nostri corpi oggi. Non possono distruggere le nostre idee. Esse rimangono per i giovani del futuro, per i giovani come te. Ricorda figlio mio, la felicità dei giochi non tenerla tutta per te. Cerca di comprendere con umiltà il prossimo, aiuta il debole. Aiuta quelli che piangono. Aiuta il perseguitato, l’oppresso. Loro sono i tuoi migliori amici. Ricordati figlio mio! La felicità dei giochi non tenerla tutta per te. Ricordati figlio mio, la felicità dei giochi. Non possono distruggere le nostre idee. Per i giovani del futuro, per i giovani come te. Addio moglie mia, bambin mio, compagni.

L’incapacità di condividere la felicità. È forse questo il sentimento che spinge ad alzare i muri? E poi le idee, quelle che restano, che non si possono uccidere. Le idee che fluttuano come polline, che vincono le leggi dello spazio e del tempo. Le idee che viaggiano e che si posano su terreni fertili dove giaciono il tempo necessario a far germogliare qualcosa di nuovo, che ha la stessa radice fatta di libertà.

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